mercoledì 31 luglio 2013

Da un grande potere derivano grandi responsabilità


Con la crescita di mia figlia mi rendo conto di quanto sia grande il potere degli adulti sui bambini. Mentre i primi mesi di vita questo potere riguarda principalmente la sfera materiale, poiché la vita di un neonato dipendente in modo assoluto dalla presenza di un adulto, crescendo si entra sempre di più in quella psicologica. A parte le difficoltà nella gestione dei capricci, in generale è molto facile influenzare il loro comportamento, far nascere paure, inventarsi spiegazioni assurde a loro domande.   

Cerco di essere onesto con mia figlia, di non inventarmi lupi o “uomini neri” per farle rispettare le regole. Secondo me è solo un modo per trovare una scorciatoia. Si fa presto a spaventare, per spiegare ci vuole tempo e non è garantito il risultato.    
Al lato opposto della paura c’è il premio, ma l’errore è sempre lo stesso. Ci vuole poco per “comprare” certi comportamenti dei bambini.

E’ semplice apparire dei supereroi agli occhi dei bambini, che si affacciano al mondo per la prima volta e che devono imparare tutto.  
Per questo mi fanno innervosire certi modi di fare. Come adulto non vedo maschere e mantelli da eroe ma solo trucchi da baraccone per manipolare la volontà di chi non ha gli strumenti per capire.

"Da un grande potere derivano grandi responsabilità" (da L'Uomo Ragno)

mercoledì 24 luglio 2013

Madri contro “Dad on duty”

Come anticipato a chiusura del post “Padri contro Dad on duty”, per completare il quadro, in questo mi occupo di quelle che, secondo la mia esperienza, possono essere considerate le tipologie di madri contro "Dad on duty".

Diversamente da quanto avviene per le donne, un uomo non può essere parte attiva nella vita del figlio appena nato se non è d'accordo la compagna. Considerando lo stretto legame che c'è tra una madre e il proprio bambino nei primi periodi di vita, è necessario che sia la donna ad aprire la porta all'ingresso del padre in questo delicato rapporto a due. Poi, ovviamente, sta al padre entrare ma con la porta chiusa dopo un po' ci si stanca anche di bussare e ci si dedica ad altro. Molte volte, di fronte all'assenza dei padri nella cura dei bambini, c'è un concorso di colpa delle madri.

Le mie 3 tipologie di madri "CONTRO":
  1. la “madre ape regina”. Sono le madri che vogliono lo scettro del comando su tutto quello che riguarda i figli. Avere un compagno accanto che aiuta con i bambini significa anche confrontarsi sulle scelte che lo riguardano e questo non possono sopportarlo perché sono convinte di essere le uniche a sapere cosa è bene per i propri figli.
  2. la “madre chioccia”. Sono le madri molto protettive nei confronti dei figli, che vedono perfino il loro compagno come potenziale pericolo. Preferiscono fare tutto loro, cambiare il pannolino, fare il bagnetto, dare da mangiare, escludendo di fatto il padre dalla possibilità di creare un proprio legame con il figlio. Questo atteggiamento genera un circolo vizioso in quanto il padre, non potendo acquisire praticità, rimarrà sempre un po' impacciato apparendo inadeguato agli occhi della madre.
  3. la “madre figlia”. Non c'è cosa come avere figli che metta di fronte alla necessità di essere adulto. Può accadere che una donna non abbia ancora tagliato il suo cordone ombelicale con la propria madre e che si appoggi completamente a lei escludendo di fatto il compagno nel rapporto con il figlio. In questi casi, la nonna si sostituisce alla madre nelle scelte del bambino, quasi crescendolo come se fosse il suo, e la figlia rimane tale anche dopo la maternità. 

sabato 20 luglio 2013

L’insiemistica applicata alla famiglia


Riflettendo e confrontandomi con altri genitori sull’avere figli, sulla famiglia, sul rapporto di coppia e sul tempo che non è mai abbastanza per fare tutto, ho buttato giù questo schema.

Partendo dalla considerazione che ogni individuo ha una propria sfera personale, secondo me all'interno di una famiglia con un figlio si possono avere, semplificando, i seguenti rapporti derivanti dall'intersezione delle diverse sfere personali:
1. rapporto tra figlio, madre e padre
2. rapporto tra figlio e padre
3. rapporto tra figlio e madre
4. rapporto tra madre e padre come coppia
5. sfera personale padre
6. sfera personale madre
7. sfera personale figlio
Le dimensioni e le sovrapposizione di tutti i sottoinsiemi variano continuamente nel tempo (es. con l’età del figlio, con le dinamiche familiari, con gli impegni lavorativi ed extra-familiari) ma credo che, a parte contingenze particolari, sia necessario cercare di trovare un equilibrio tra tutti questi sottoinsiemi. Questo non significa che debbano necessariamente essere tutti delle stesse dimensioni ma che sia fondamentale cercare, comunque, di ritagliare una parte per ciascuno di questi elementi.
Molte volte, ad esempio, si favorisce un rapporto a due tra genitore e figlio, dimenticando la parte, altrettanto importante, del rapporto a tre visto che i figli impareranno anche dal vedere le nostre dinamiche di genitori. O si finisce per ridurre al minimo la parte relativa al rapporto di coppia.

Può essere un esercizio interessante disegnare il proprio schema...

sabato 13 luglio 2013

Ricordati di essere felice

In un prato pieno di genitori, passeggini e bambini di tutte le età mi passa davanti, incerta nei suoi passi, una bambina. Mi fermo a guardarla e le sorrido, ha poco meno di mia figlia ma quel poco che basta per fare la differenza tra movimenti lenti e insicuri e un'ostentata sicurezza e sprezzo del pericolo.
Indossa una maglietta bianca con una scritta che mi colpisce: “Ricordati di essere felice.
Se fossi in un film sarebbe un modo originale per dare un messaggio al protagonista, nella realtà è solo una fortuita coincidenza alla quale faccio particolarmente caso.
Trovo che sia un magnifico invito. Sia per quella bambina, per la sua crescita, che per tutti quelli che potranno leggerlo.
Credo che il miglior augurio che ogni genitore possa fare ai propri figli sia quello di essere felici.
Ogni tanto, però, bisogna ricordarsi di volerlo essere o, almeno, di cercare di esserlo.
Alcune volte sembra terribilmente difficile, altre facilissimo. Forse è una questione solo di un attimo che ci sfiora e che noi ricordiamo come felice. Forse è quella di mia figlia l'età della felicità, quando vedo i suoi occhi sorridere dopo aver fatto una capriola sull'erba, per aver toccato un cavallo o per essere arrivata in fondo allo scivolo di una piscina.
La guardo cercando di immaginarla grande, chiedendomi cosa le riserverà il futuro. Dovrei godermi questo momento con la mia famiglia, veramente felice, spensierato, noi tre insieme. Quei momenti felici che ti basta così poco per ridere, una buffa caduta, una musica da bambini che si ripete.  
Dovrei godermi quest'atmosfera quasi magica senza pensare ad altro. Forse la felicità non è fatta di ragionamenti, è meno cerebrale. Ed è in questo che pecco.
Spero che sotto questo aspetto mia figlia non mi somigli, che per lei sia più facile sentirsi felice. Anche se, al contrario, riuscirei a capirla di più, ci basterebbe uno sguardo. Perché è più semplice capirsi anche tra chi fa ragionamenti contorti. Nella loro complessità c'è una semplicità di fondo.
Sarei sicuramente disposto ad accettare una nostra minore reciproca comprensione per una sua maggiore felicità.
Perché alcune volte, al di là dell'amore che lega genitori e figli, può succedere che ci siano incomprensioni che derivano dall'essere diversi.

lunedì 8 luglio 2013

Avere o essere


Non ho mai pensato che avere figli rendesse migliore degli altri, che avere un titolo di studio fosse indice di intelligenza o cultura, che avere un certo lavoro portasse con sé rispettabilità o levatura morale. In generale, non ho mai pensato che il possesso, avere o non avere qualcosa, attribuisse qualità alla persona. Magari fosse così semplice.
Forse perché nella mia vita sono stato così fortunato da conoscere persone che pur “senza qualcosa” erano veramente eccezionali, molto più di quelle che “con”. E questo mi è servito per farmi la mia idea di mondo.

Sul tema dei figli, poi. Sembra che ci sia un’escalation di valori. Come in una sorta di post-proletariato. Se non hai figli, molti si sentono in diritto di chiederti il perché non li fai. Se hai un figlio, allora si sentono in diritto di chiederti perché non fai il secondo.  
Diciamo che fare figli di per sé è piacevole, la Natura, o Chi per essa, ci ha pensato bene, altrimenti saremmo estinti ormai da un pezzo.
Ma vorrei evitare che il mio valore di persone fosse solo quello che deriva dal numero di volte che ho utilizzato la mia capacità riproduttiva.

“Avere figli fa di voi un genitore non più di quanto avere un pianoforte faccia di voi un pianista.” 
Michael Levine da Lessons at the Halfway Point.

mercoledì 3 luglio 2013

Padri contro “dad on duty”

Da quando è nata mia figlia ho incontrato da parte degli uomini diversi atteggiamenti nei confronti dei padri che vogliono essere presenti nella vita dei loro figli (il mio "DAD ON DUTY").

Quelli “CONTRO” li ho raggruppati in tre tipologie 
  1. Il padre delle generazioni precedenti, riassumibile nella frase “Se potessi scegliere tu, non lo faresti”. Di solito i padri delle generazioni passate ti guardano strano, pensando che ci sia qualcosa sotto perché, secondo loro, se un uomo potesse scegliere, non si occuperebbe dei figli quando sono piccoli. C’è una specie di età minima oltre la quale si palesa il papà, una sorta di maggiore età dell’affetto paterno. Ovviamente quando pannolini e pappe sono ormai un ricordo. Considerano i nuovi padri un po’ "naif" e, comunque, sono convinti che sia un’espressa volontà della compagna che in qualche modo li “obbliga” a occuparsi di certe cose.   
  2. Il padre delle nuove generazioni ma preoccupato, riassumibile nella frase “Non toccherà mica anche a me?”. Ci sono padri, o futuri tali, che sono seriamente preoccupati di questa nuova tendenza e che vedono i nuovi papà come una vera e propria minaccia. Temono che, vedendoli, anche le loro compagne avranno certe pretese di comportamento, mettendo a serio rischio il loro tempo libero e i loro impegni. In fondo una netta separazione dei ruoli fa loro comodo: è la donna che si occupa dei figli.    
  3. Il padre delle nuove generazioni ma insicuro, riassumibile nella frase “Non sarò mai capace”. Poi ci sono i “timorosi”, quelli che pensano veramente che non saranno mai capaci di essere all’altezza delle cure di una madre. Che “maneggiano” il bambino come se fosse di cristallo e preferiscono delegare. In realtà non sono proprio “contro”, ma questo ruolo li mette in grossa difficoltà. Pensano che si tratti di un “compito da donne”.   
Poi ci sono anche le madri "contro". Ma questo sarà un altro post…