domenica 29 settembre 2013

“Coaching”, ovvero uno dei compiti dei genitori.


Un paio di anni fa ho avuto l’occasione, che si è rivelata poi una fortuna, di fare delle sessioni personali di coaching. Ammetto che all’inizio ero un po’ sospettoso, lo sono per natura, ma era una cosa che mi interessava. Tra l’altro in quel periodo avevo necessità di focalizzare meglio quello che mi stava succedendo e di capirmi di più.

Una delle prime regole è che il coach non ha risposte e, quindi, non può dartele. Può solo, ma è qui che sta la grandezza, fare in modo che tu possa trovare le tue risposte.  
Fare “coaching” è come andare dall’oculista. Infatti, l’oculista non può modificare la realtà che vedi, o che scegli di vedere, ma può fartela vedere nella maniera migliore, dandoti delle lenti adatte ai tuoi occhi. 
Inoltre, il coaching ti fornisce degli strumenti, una specie di zainetto, che tu puoi portare sempre con te e utilizzare in qualunque momento, e per qualunque aspetto, della tua vita. Non riguarda solo la sfera professionale.

Veniamo a qualche aspetto più pratico. All’inizio può sembrare banale ma non lo è.
  • Come parliamo. Dobbiamo iniziare a sentire quello che diciamo. Alcune volte usiamo delle parole o dei verbi che hanno delle implicazioni particolari. Facciamo un esempio: Se a lavoro dico “Prendo un’ora di permesso perché devo andare alla recita di mia figlia”. Perché ho usato il verbo “dovere”? E’ come se inconsciamente volessi giustificarmi del fatto che mi sto assentando. Invece io sto prendendo un permesso perché voglio vedere la recita di mia figlia, non me la perderei per niente al mondo. Non è la stessa cosa, a livello di consapevolezza. Bisogna iniziare piano piano a sentire quello che diciamo, scopriremo delle cose veramente interessanti su noi stessi. Anche imparare a dire “No” è importante, per cercare di non far gestire agli altri il nostro tempo.
  • Cosa vogliamo. Qui la faccenda si complica perché è veramente difficile dirci cosa vogliamo veramente. Questo perché molte volte vogliamo tante cose diverse. Altre volte ci sembra di volere qualcosa solo perché gli altri se lo aspettano da noi. Un buon metodo può essere quello di buttare giù per scritto i nostri obiettivi in ordine di priorità (es. lavoro, famiglia, hobby). Il fatto di scrivere ci costringe a riflettere, ha un altro livello di profondità rispetto a pensarlo e basta. Una volta fatto questo esercizio, dovremmo cercare di comportarci di conseguenza. Per concretizzare, occorre poi definire dei piccoli obiettivi da raggiungere con tempi precisi. Iniziamo scegliendo un obiettivo, e per quello decidiamo. Non essere generici, ma precisi. Ad esempio, dedicare 1 ora la sera 2 giorni alla settimana per una particolare attività che ci interessa. E’ utile per raggiungere quello che ci siamo proposti. Iniziando a ragionare in questo modo, mi rendo conto di essere molto più deciso e determinato nel fare quello che voglio. Non sempre, ma molto di più di prima.
Credo proprio che il “coaching”, nel senso di aiutare a far prendere consapevolezza delle proprie caratteristiche, dei propri desideri e dei mezzi per raggiungere gli obiettivi che ci poniamo, dovrebbe essere uno dei compiti, se non il compito, di noi genitori. Sviluppare le potenzialità dei nostri figli e favorire le loro inclinazioni.
Sono convinto che dovrebbe essere inserito nelle scuole.

Ultimamente ho trovato una bella frase che ritengo sia molto legata al coaching e che voglio cercare di tenere sempre in mente. Non solo accompagnando la crescita di mia figlia ma ogni volta che avrò a che fare con un altro essere umano.
Ognuno è un genio. Ma se si giudica un pesce dalla sua abilità di arrampicarsi sugli alberi, lui passerà l’intera vita a credersi stupido.” (Albert Einstein)
 

giovedì 26 settembre 2013

Un nuovo premio per BABBOnline


Avevo proprio iniziato a lamentarmi della fine dell'estate e dell'inizio della routine autunnale che, per tirarmi un po' su, è arrivato 
il Premio dell'amicizia blogger  
per il quale ringrazio Erika del blog Fiori dal Fango.

Mi fa ancora più piacere riceverlo visto che è da poco che ha iniziato a leggere il mio blog.



Il premio prevede che scriva 7 cose su di me: 
  1. Complice mia figlia, ho ripreso la mia passione per il disegno e l’illustrazione   
  2. Il regalo più gradito: un biglietto aereo (adesso per tre). In altre parole, amo viaggiare. 
  3. Mi piace camminare. 
  4. Per il privato l’agendina di carta vince su quella elettronica. 
  5. Quelli che si intendono di astrologia dicono che il mio segno zodiacale mi rispecchia (Toro). 
  6. Non sopporto i “borsotti” da uomo. O nelle tasche o nello zaino. 
  7. Ho una cicatrice sotto il mento per essere caduto da piccolo in casa.
Passo molto volentieri il premio ad altri 10 blog
Prendendo spunto da Erika, voglio premiare sia blog che ho scoperto da poco ma che mi sono piaciuti subito, per farli conoscere, che blog con i quali sento di avere una certa sintonia.

lunedì 23 settembre 2013

LeggiAMO i libri con i bambini

Sono convinto che si possa avvicinare i bambini alla lettura sin dalla più tenera età facendola diventare un'attività interessante, stimolante e divertente. Per fare questo, però, è necessaria la partecipazione degli adulti, le mamma e i papà ma non solo, che facciano da guida per entrare e muoversi in questo mondo fantastico.    

Così, oltre alle consuete letture a casa in momenti particolari come andare a nanna, ho deciso di portarla in una biblioteca comunale. Mi ero informato prima e avevo saputo che c'era uno spazio dedicato ai bambini nel quale poter guardare e leggere i libri.
Non avevo particolari aspettative. Mi sono detto, proviamo. 
Mia figlia è stata molto contenta dell'esperienza. Il fatto di avere tutto a sua dimensione, come divanetti, sedie e tavolini, e di poter scegliere tra tanti libri quello da sfogliare insieme l'ha veramente entusiasmata. Abbiamo passato insieme un'ora quasi magica. E chi sta con i bambini sa che un'ora è un tempo lunghissimo. 
Le è talmente piaciuto l'ambiente che non voleva andare via. E' stato difficile andare via da lì come tornare a casa dal parco. 
Per concludere le ho fatto scegliere un libro da portare a casa. Dopo alcuni tentennamenti la scelta è andata sicura su un libro. All'uscita l'ha consegnato ad una signora per farle segnare i dati: il suo primo prestito bibliotecario.

Adesso però c'è un problemino: come farle capire che ci sono luoghi, le biblioteche, dove si possono prendere e guardare tutti i libri sugli scaffali ma in altri praticamente uguali, le librerie, i libri esposti non si possono prendere e sfogliare a proprio piacimento?!?

mercoledì 18 settembre 2013

La libertà di fare il padre


Ho letto recentemente un paio di libri veramente interessanti sull'analisi della paternità in Europa: Fatherhood in Late Modernity e
Family, Ties and Care
Mi fa piacere vedere che negli ultimi anni stiano aumentando in ambito europeo ricerche su questo tema con l'obiettivo di costruire un contesto che favorisca una maggiore partecipazione dei papà alla vita dei figli sin dalla nascita. La mia speranza è di non vedere più l'Europa solo come causa di restrizioni economiche (sacrifici in nome de “l'Europa che ce lo chiede”) ma anche come motivo di progresso sociale per tutti gli Stati membri.

Tra le riflessioni che emergono dai tanti studi, nate confrontando tra le esperienze di diversi Paesi, mi è sembrata particolarmente interessante quella riguardante la “conciliazione tra lavoro e vita familiare” (work-life balance) in relazione allo scostamento tra teoria e pratica e tra desideri e realtà (Hobson B. and Fahlen S. “Father's Capabilities for Care: An European Perspective” in Family, Ties and Care).

Benché la maggioranza dei padri ponga come uno dei principali obiettivi la conciliazione tra lavoro e famiglia, guardando il dato oggettivo delle ore lavorate a settimana si nota una discordanza tra il comportamento tenuto e quanto dichiarato.
Approfondendo la questione, emerge che la partecipazione attiva alla vita familiare da parte dei padri avviene quando effettivamente c'è la libertà di fare questa scelta.
La libertà di un individuo di scegliere una certa modulazione di orario di lavoro dipende dalla percezione di avere un lavoro stabile e caratterizzato da una certa sicurezza. Considerando il periodo di crisi che stiamo vivendo da diversi anni, la precarizzazione del mondo del lavoro, il lato negativo della flessibilità che obbliga a essere sempre disponibili di fronte alle richieste lavorative, sembra quasi che, da un certo punto di vista, “fare il padre” sia una libertà, quasi un lusso, che pochi si possono permettere. Probabilmente quelli con un livello di istruzione più elevato, che hanno un lavoro sicuro e con certe garanzie. 
 
L'esperienza di alcuni Paesi dimostra che il contesto istituzionale può servire per far aumentare questa percezione di sicurezza e stabilità, favorendo una riduzione delle ore di lavoro a vantaggio di quelle dedicate alla famiglia. Se, ad esempio, il congedo parentale maschile fosse percepito come un diritto sociale e compensato con un'alta percentuale del salario normalmente percepito, ci sarebbe un impatto significativo nello spettro di scelte a disposizione dei padri. 
C'è da dire, comunque, che le statistiche dimostrano che alcune scelte lavorative, come ad esempio il part-time, sono, in pratica, esclusivamente usate dalle donne. Questo non dipende dalle caratteristiche del mondo del lavoro ma da una cultura dell'organizzazione del lavoro che, in passato e oggi, ha assunto un modello di uomo come principale fonte di sostentamento economico della famiglia (full-time male breadwinner model).

I cambiamenti culturali sono più difficili da ottenere rispetto a una nuova legge, o comunque, il processo è molto più lento.

Un ringraziamento speciale per i testi a: 
Lisa Petzold (budrich academic, Verlag Barbara Budrich, Budrich UniPress Ltd)

Nota. Per la prima volta, questo post sarà pubblicato anche in una breve versione in inglese. Questa mia scelta deriva dal fatto che i testi di riferimenti sono in inglese ma, soprattutto, per permettermi di allargare la discussione anche in altre Community in Rete di altri Paesi.

The freedom to fathering

I have recently read two very interesting books about studies and analysis on fatherhood and men's care in Europe: Fatherhood in Late Modernity e Family, Ties and Care.

I'm very happy to see that promoting fatherhood is one of the EU aims in order to build up an institutional context, in terms of norms and laws, that allows to partecipate in caring activities (for example parental leaves).
My personal hope is that people can see EU as a social development driver for all the member States, not only as a cause of economic restrictions.

Among many EU documents, it seems to me very interesting the issue of work-life balance (WLB) and the gap in fathering between words and deeds (Hobson B. and Fahlen S. “Father's Capabilities for Care: An European Perspective” in Family, Ties and Care). 

Although European men declare that family time is a value in life, when analysis consider actual work hours fathers do they find out a gap between statements and practices. A large proportion of fathers works long hours (more than 40 hours per week).

Some results show that more education and perceptions of stable incomes ad job security have a significant impact on father's decision to be involved with their children.
In a period of global crisis it's very hard to balance work and life for fathers. In EU Countries there is a more insecure economic context under the pressure for flexibility and for working more hours to have a certain income level.

In order to increase the opportunities of fathers to care for children, it's essential to have an institutional context with rights to reduce hours, rights to reorganize work through flexible time and parental leaves.
These are necessary but not sufficient conditions because, according to recent studies, the opportunity to reduce work hours is almost exclusively used by women (part-time jobs). It's necessary to change a culture that assume a full-time breadwinner model.

A special thanks fot these books to:
Lisa Petzold (budrich academic, Verlag Barbara Budrich, Budrich UniPress Ltd)

domenica 15 settembre 2013

Cartoline dalle vacanze 2013

Aderisco con entusiamo all'iniziativa Cartolina dalle vacanze di Patatofriendly e Squabus per inviare cartoline virtuali dei viaggi di quest'anno ai propri amici in Rete. 

Mi è sempre piaciuto viaggiare. Non nel senso di “andare in vacanza” ma di vedere Paesi lontani, confrontarmi con culture diverse, essere nei luoghi dei quali avevo letto. La maggior parte delle volte tornavamo più stanchi di quando eravamo partiti ma sicuramente più arricchiti, da tanti punti di vista.
Con l'arrivo della nostra piccola sapevamo che avremmo dovuto ridimensionarci sulla base delle esigenze della nuova famiglia. E' vero che in giro per il mondo avevamo incontrato viaggiatori con bambini piccoli, perfino in Thailandia in piena estate con un caldo e un'umidità terribili abbiamo trovato nel bungalow accanto al nostro una coppia europea con un neonato, ma abbiamo deciso per un nostro equilibrio. Pur volendo continuare a viaggiare, abbiamo cercato mete compatibili con le nostre nuove necessità.

Il 2013 è stato un anno particolare perché abbiamo avuto più tempo da passare insieme rispetto a quanto accadeva negli anni precedenti.

La nostra piccola ha preso il suo secondo aereo. Dopo la prima volta in braccio a uno di noi due, in questo viaggio ha avuto un posto tutto suo tra la sua mamma e il suo babbo. Per ingannare il tempo e sopravvivere al viaggio avevamo portato con noi libri da colorare e matite. E' stato più duro attendere l'imbarco che il volo in sé. Il segreto è cercare di coinvolgerli anche in attività apparentemente noiose ma che è necessario fare. Così la piccola era diventata la custode dei documenti di identità di tutta la famiglia ed era lei a presentarli alle hostess di terra. 
Una macchina noleggiata è molto utile per muoversi in piena libertà con la possibilità di fare soste quando si vuole.
Nonostante possa apparirci banale, mi sono reso conto che la visita a un acquario è sempre un'esperienza emozionante per un bambino piccolo. Le grandi vasche con tanti pesci diversi lasciano veramente a bocca aperta.

La montagna è stato sicuramente il periodo di maggiori esperienze per la piccola. Sembrava che tutto fosse stato organizzato per farla divertire. Forse ha anche coinciso con un suo momento di crescita nel quale si sentiva particolarmente sicura. Ha inaugurato i suoi primi braccioli in piscina, ha preso una “bidonvia” per salire ai rifugi, ha montato un pony, ha visto gli orsi e i lupi in una riserva, ha preso un trenino, si è bagnata i piedi in un lago, si è arrampicata su qualsiasi gioco avesse un appiglio, una corda, una scala o una rete.
Nel lungo viaggio di ritorno, all'andata abbiamo viaggiato sfruttando le sue ore di sonno, voleva che noi le dicessimo il contenuto di ogni camion che sorpassavamo. Ovviamente ogni carico doveva essere diverso dai precedenti. Vi posso assicurare che in autostrada ci sono tanti, ma tanti, camion.


Non potevamo non chiudere l'estate con un po' di mare. Per la prima volta ha dormito in un lettino singolo, abbandonando quello da campeggio. Per lei era il letto dei “grandi” e, sentendosi ormai cresciuta, non poteva non provarlo. Tornati a casa abbiamo colto l'occasione di questa novità per farla passare al lettino.
La sua voglia di indipendenza e di autonomia si manifestava in ogni occasione. Non potevamo giustificare il fatto di non andare su alcuni giochi “perché da grandi” in quanto ribatteva imbronciata che non era piccola ma era grande anche lei. Così, dopo infinite richieste, ci siamo ritrovati in due, perché era impossibile farla andare da sola, su una moto da bambini, in una specie di percorso da macchinine a scontro.
 
Per noi decidere di viaggiare con nostra figlia è stato naturale perché ci piaceva. Non dico che sia semplicissimo ma basta volerlo fare e sapersi organizzare.
 
Lascio ai tanti bellissimi ricordi che ho i viaggi lontani fatti negli anni passati. 
E a chi mi chiedeva con un po' di velata polemica: "Ma come? Con tanti posti belli da vedere vicino, te ne vai così lontano?" adesso posso rispondere: "Li lasciavo per poterli vedere per la prima volta insieme a mia figlia. Erano lì che aspettavano proprio noi tre."
 

venerdì 13 settembre 2013

NELLA PANCIA DEL PAPA' a MILANO 20-29 settembre

Mi fa veramente piacere pubblicizzare “una 10 giorni dedicata ai papà”, e alle famiglie in generale.

A Milano dal 20 al 29 settembre si terrà 
la Mostra gioco interattiva 
“Nella pancia del papà”
(Corso XXII Marzo, 59 – Scuola dell’Infanzia)

Si tratta di un’iniziata sviluppata nell’ambito del progetto “PADRI ATTIVI per FAMIGLIE e COMUNITA’ RESPONSABILI” promosso dall’Associazione Culturale “Periferie Al Centro” che dal 2010 organizza appuntamenti dal titolo “Papà al Centro” (visita il sito). 


Purtroppo io non potrò essere presente ma il mio invito, per chi si trova in zona Milano, è di PARTECIPARE NUMEROSI.  
 

lunedì 9 settembre 2013

Tutto questo dolore ti sembrerà più lieve

Non mi piace commentare fatti di cronaca “a caldo”. Preferisco prendermi del tempo perché certe reazioni di pancia lascino il posto a riflessioni di testa.

Così mi ritrovo a pensare al titolo “Ragazzo gay suicida”.
Non credo che ci si suicidi perché “gay”. O perché “con i brufoli”, “con chili di troppo”, “bravi a scuola” o “immigrati”. Secondo me, ma la mia è una presunzione, si fa perché “ci si sente diversi” e questo avviene perché “gli altri ci fanno sentire diversi”. Perché qualcuno ti chiama “brutto”, “ciccione”, “secchione” o “negro”.

L’adolescenza è un periodo molto delicato. Non si ha idea delle giuste proporzioni. Alcuni problemi sembrano montagne enormi non superabili. Alcune ferite danno un dolore che appare insopportabile.   
Credo che il dolore sia un’esperienza privata. Che non lo si possa capire fino in fondo e neanche, purtroppo, eliminare. Anche se lo vorremmo. Neanche per le persone, come i nostri figli, che amiamo tanto.

Chi riesce un po’ a immaginarlo, per sensibilità propria o per esperienze passate, può testimoniare che domani quel dolore sembrerà più lieve. Che vale la pena non fermarsi all’oggi. Che si riuscirà a sentirlo con occhi e cuore diversi. Chi può, dovrà mettersi alla fine del ponte con la mano tesa, perché non potrà ripercorrerlo di nuovo per fare da accompagnatore, incoraggiando ad andare avanti passo dopo passo. 

giovedì 5 settembre 2013

Il “centro” di ognuno di noi


Avevo recuperato qualche film di animazione da guardare insieme a mia figlia la sera prima di addormentarci o durante i lunghi spostamenti in auto. Per chissà quali oscure ragioni ne ha esclusi subito due dopo pochi secondi dall’inizio. Nonostante le mie proposte di proseguire, come il più crudele critico si è rifiutata di andare avanti nella visione con secchi e ripetuti “No!”.
Con poca fiducia sono passato al terzo e ultimo dvd Madagascar3. Sarà per la grafica o per gli animali protagonisti ma è stato amore a prima vista. E così per un paio di sere ci hanno fatto compagnia le acrobazie circensi del leone e dei suoi amici.

Un pomeriggio, quando tutti dormivano, ho preso il portatile e mi sono tolto la curiosità di guardarmi uno dei film di animazione scartati dalla mia piccola. E così è iniziata la visione de “Le 5 leggende” anche se poco convinto dalla presenza di protagonisti forse un po’ lontani dalla nostra tradizione europea.
La storia e i personaggi mi hanno fatto superare ogni mia titubanza iniziale e il film mi è piaciuto veramente tanto. Non voglio rovinarvi la visione e, quindi, non racconterò la trama. Mi trattengo solo su uno dei protagonisti, forse il principale. Non sa perché sia stato scelto come una delle 5 “leggende” (in realtà sono “guardiani” ma il titolo “Rise of the Guardians” è stato tradotto diversamente) e non capisce quale sia il suo posto tra gli altri che hanno tutti un compito ben preciso.  
Uno degli altri guardiani gli spiega che ognuno ha un proprio “centro”, ovvero una propria caratteristica che lo distingue dagli altri e che gli dà un senso. Quello che ognuno sa fare meglio. Per spiegarglielo prende la sua matrioska e la apre fino ad arrivare a quella più piccola. Ha occhi grandi, perché la sua caratteristica è quella di guardare il mondo con gli occhi pieni di meraviglia.
Sarà compito del nuovo guardiano riuscire a capire quale sia il suo “centro”.
Sono trattati anche altri temi: la paura, la solitudine, la diversità e la speranza ma il tema del “centro” mi ha colpito e l’ho trovato un bel messaggio per i bambini che lo guarderanno.
Il “centro” di ognuno di noi, la nostra caratteristica più vera, quella che ci identifica veramente e che ci consente di dare il meglio di noi stessi. Chiusa all’interno di una matrioska, non accessibile allo sguardo di tutti, neanche a noi, che bisogna aprire passando attraverso diversi strati che non ci rappresentano veramente.

Finita la magia del film mi fermo a riflettere su come sia difficile riuscire ad arrivare all’ultima bambolina della nostra matrioska e su come lo sia altrettanto fare nella vita quello che corrisponde al nostro “centro”.
D’altronde il primo passo fa fatto e poi, mai come in questo caso, “Nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa a quale porto vuol approdare (Seneca)”.

martedì 3 settembre 2013

Tenerezze e paure prima della nanna

Di solito il mio “bacio della buonanotte” per mia figlia consiste nel tenerle la mano alcuni minuti sussurandole qualche parola sulla giornata trascorsa o su quello che farà il giorno successivo.
L’altra sera stentava a lasciarmi la mano, la cercava subito dopo averla lasciata. Chiedeva “La mano”.
La spiegazione che “Anche babbo va a fare la nanna” non serviva per farle allentare la presa. D’un tratto ha tirato la mano verso di sé e mi ha preso tutto il braccio. Sentivo il cuore che batteva.
Ho cercato di rassicurarla. Poi le ho chiesto “Cosa c’è?”
Lei mi ha guardato e mi gelato con “Ho paura”.
Era la prima volta che esprimeva così seriamente questo stato d’animo. La camera non è mai al buio e nella fase che precede la nanna teniamo la luce del corridoio accesa.
“Paura?” le ho chiesto sorpreso.
“Del lupo” mi ha risposto dopo qualche attimo di esitazione quasi come liberandosi da un peso.
Ho provato a tranquillizzarla dicendole che non ci sono lupi in casa, che mamma e babbo le staranno sempre vicino e che la proteggeranno. Le ho accarezzato i capelli e la fronte. Sono rimasto qualche minuto fino a che non l’ho vista più rilassata e i suoi occhi si stavano per chiudere.
Uscendo dalla sua camera mi sono girato per un ultimo sguardo prima di andare a dormire.  
Un po’ del mio cuore è rimasto con lei.

Crescendo si acquista maggiore consapevolezza e anche qualche paura.