sabato 18 ottobre 2014

Il bambino di Pavlov

Per il 30° anniversario della scomparsa di François Truffaut ripropongo il finale del suo film I quattrocento colpi.

Se qualche genitore con velleità da scienziato sociale pazzo volesse fare l’esperimento di dare un ceffone al proprio figlio ogni volta che si trova nel suo raggio d’azione, anche senza una particolare ragione, scoprirebbe che, dopo breve tempo, vedendolo avvicinare il bambino si porterebbe automaticamente le braccia al volto per protezione. Il cosiddetto “riflesso condizionato”.
Avendo scoperto questo sorprendente automatismo, il genitore scienziato sociale ancora più pazzo potrebbe usare lo stesso metodo per far mangiare la verdura a tavola, per far tenere in ordine la propria cameretta, per farlo andare a letto all’ora giusta, per evitare capricci. Il collegamento tra disobbedienza e dolore fisico diverrebbe indissolubile. Neanche alzando la voce si otterrebbe lo stesso effetto, per non parlare poi di usare delle spiegazioni.  
Pensando al cane di Pavlov, mi rendo conto che in fondo era più fortunato perché almeno riceveva del cibo.
A proposito di cani, ricordo che sono stati vietati i collari elettronici per l’addestramento e mi convinco che non solo quello di Pavlov era fortunato. La motivazione della Corte di Cassazione di tale divieto mi fa letteralmente sgranare gli occhi. Quasi non credendo a quello che leggo, lo trovo incredibilmente applicabile ai metodi educativi bambini (ho barrato la parte vera della sentenza e ho messo tra parentesi le mie aggiunte):
“ […] la somministrazione di scariche elettriche (punizioni corporali) per condizionarne i riflessi ed indurlo tramite stimoli dolorosi (ceffoni) ai comportamenti desiderati produce effetti collaterali quali paura, ansia, depressione ed anche aggressività”.
Incredibile, no? Se l’hanno capito per i cani…

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