sabato 25 gennaio 2014

“Chi controlla il passato, controlla il futuro. Chi controlla il presente, controlla il passato” #GiornataDellaMemoria

Per la Giornata della Memoria 2014 voglio partire citando la frase Chi controlla il passato, controlla il futuro. Chi controlla il presente, controlla il passato” del romanzo 1984 di Georgr Orwell. 
Chi non tiene viva la propria memoria è soggetto all'influenza di quello che gli altri vogliono fargli pensare.

Proprio gli episodi che da diversi mesi stanno interessando la Ministra Kyenge, al di là di qualsiasi critica alle sue posizioni politiche, dovrebbero farci riflettere come certi episodi del passato, che riteniamo chiusi per sempre, possano in realtà ripresentarsi come un piccolo fuoco che riprende dalla brace che pensavamo spenta.
Quello che vogliamo ricordare nella Giornata della Memoria è qualcosa che è cresciuto piano piano, nell'indifferenza di tanti, proprio da posizioni razziste.

Dovremmo partire dalla ferma convinzione che il razzismo non è un'opinione e certe affermazioni non possono essere considerate libertà di espressione. Il razzismo è un reato.

Qualcuno ci vuole far credere che certe parole non abbiano peso. Che si possa dare della “scimmia” a una persona solo per il suo colore della pelle. C'è un uso distorto del linguaggio. Sembra che le parole possano assumere significato diversi.
E' quel “bispensiero” di cui parla Orwell nel suo libro, può essere sostenuto tutto e il suo contrario.
Questo metodo è stato utilizzato dalle dittature del Novecento, basta ricordare la scritta sul cancello del campo di concentramento di Auschwitz “Il lavoro rende liberi”.

Non dimentichiamo mai il passato e, soprattutto, utilizziamo i suoi insegnamenti per affrontare il presente.

domenica 19 gennaio 2014

Mia figlia Jeeg Robot d’Acciaio


Da qualche giorno mia figlia ha iniziato a dire di essere “Gig robò acciaio” e a fare gesti con le braccia accompagnati da piccoli salti come a voler sfidare la forza di gravità per spiccare il volo.
Considerando che a casa non ha avuto occasione di vedere il cartone animato, non so neanche se sia attualmente in programmazione, l’unica indiziata era la scuola dell’infanzia. Probabilmente le avranno fatto sentire la canzone. Dopo un po’ citando “Gig robò acciaio” faceva riferimento a un suo compagno di classe.
L’altra sera quando le ho detto di andare a lavarsi i denti chiamandola con il suo nome, mi ha detto di dire “Gig robò vai a lavarti i denti”. E così ho fatto. Sorprendentemente Gig robò è molto più ubbidiente di mia figlia.

La cosa mi ha divertito e ho colto l’occasione per insegnarle qualche parola della canzone e ogni tanto la intoniamo insieme. Ho scoperto che il testo non dice “cuore d’acciaio”, come ricordavo io, ma “cuore e acciaio”. La differenza è enorme e fondamentale. Sono stato uno sciocco io ad averlo dimenticato.
Mi fa veramente piacere che mia figlia abbia la possibilità di far convivere nel suo mondo fantastico sia le principesse, che nelle favole tradizionali sono soprattutto "cuore" e hanno bisogno della protezione di un principe, che i robot, un po' il simbolo della forza. 
Credo che uno dei compiti dei genitori, visto che già da piccoli c'è la tendenza a distinguere tra i "maschietti" e le "femminucce", sia quello di far capire che questi due elementi non sono antitetici. 


martedì 14 gennaio 2014

I cambiamenti spaventano più i genitori che i bambini

Con il passare del tempo mi rendo conto che molti cambiamenti, che in un modo o nell’altro determinano le cosiddette tappe della crescita, spaventano molto più noi genitori, anche nelle previsioni delle conseguenze sui bambini, che i nostri figli. L’ho notato su me stesso ma anche leggendo altri genitori in Rete.

Il bambino è cresciuto, è l’ora di abbandonare il lettone con le sbarre. Adesso che facciamo? Saremo svegliati decine di volte da un esserino che si lancia tra le coperte a qualunque ora della notte? Il lettone sarà messo sotto assedio dal piccolo? Dovremo equipaggiarci con filo spinato intorno al materasso o scavare un fossato con acqua e coccodrilli (così scopriremo finalmente il coccodrillo come fa)? Metteremo i cuscini come fossero dei sacchi per una trincea?
Il pediatra ci ha consigliato di far lasciare il ciuccio al bambino. E adesso? Sento racconti di bambini aggirarsi per casa come in crisi di astinenza. Storie di incontri di gruppo dove i bambini si presentano “Ciao, mi chiamo Nicola. Sono 10 giorni che non ho il ciucco”. Saremo presi in ostaggio da nostro figlio che, sotto la minaccia di un coltello da cucina, non ci chiederà di aprire la cassaforte, per chi ce l’ha, ma ci obbligherà a restituirgli il suo amato ciuccio? Di notte nostro figlio assumerà una voce cavernosa, impossesato dal demone del ciuccio perduto, e si materializzerà nelle diverse stanze della casa?            

Inutile rimandare oltre, certi momenti devono essere affrontati. E poi succede che le cose avvengano, magari non proprio in modo indolore, ma con uno sforzo sicuramente inferiore rispetto a quanto immaginato.
Molto spesso, infatti, il nostro timore deriva dalla necessità di dover affrontare una nuova situazione che fa venire meno quanto di già rodato e funzionante che c’è nella gestione familiare.

I bambini ci stupiscono anche nell’affrontare nuove situazioni e possono arrivare anche vantaggi inaspettati.
Da quando abbiamo tolto il ciuccio a nostra figlia la fase di addormentamento, com’era prevedibile, è più complessa e al momento sta saltando il momento del riposino pomeridiano. C’è stato, però, un elemento positivo che mi sono trovato ad apprezzare. Non succede più, come accadeva spesso, che si svegliasse all’alba o nel corso della notte chiamandoci perché aveva perso il ciuccio tra le coperte o le era caduto sotto il letto. 

lunedì 13 gennaio 2014

Il finale della #cartolinadalnatale

Il bello di ricevere una cartolina è che qualcuno ci ha pensato e ha voluto condividere il ricordo di una vacanza.

Per me la cartolina, sia reale che virtuale, è un gesto di affetto.
Per questo ringrazio tutti quelli che ci hanno voluto regalare un pezzettino visivo del loro Natale riunendo tutti i contributi in questa cartolina collage finale.  
 
Ovviamente un grazie particolare a Squabus e a Patatofriendly che mi hanno fatto compagnia in questa iniziativa.
 
Alla prossima :)

lunedì 6 gennaio 2014

Old-fashioned Italy... Basta con il welfare a carico delle famiglie!

In Inghilterra, patria dei club for gentlemen vietati alle donne e dei business men, è stata recentemente approvata una legge per il congedo paterno (Dailymail e TheGuardian).
Ho avuto un interessante scambio di riflessioni in Rete sul tema e la mia opinione è che una legge serva, come condizione necessaria ma non sufficiente. Ovviamente c’è bisogno di altro ma la legge è quella “chiave di volta” che tiene insieme l’arco. Per fare l'arco servono anche gli altri mattoni, come partecipazione e scelta, ma senza quella "chiave" gli altri mattoni verrebbero giù.
Non è un obbligo ma un’opportunità in più per i padri e per le madri. Altra mia convinzione è che se non agiremo insieme, uomini e donne, andremo poco lontano. 
Personalmente quando aumentano le possibilità di scelta sono sempre contento, poi ognuno decida quello che vuole ma avere più opportunità tra le quali scegliere è sicuramente una ricchezza (non voglio scomodare il premio Nobel A. Sen ma sono molto in linea con il suo pensiero).

Credo che i recenti passi avanti di Francia e Inghilterra mettano in evidenza due elementi molto critici per l’Italia.
Il primo è che difficilmente si capiscono le situazioni senza averle vissute o, comunque, il grado di comprensione è sicuramente inferiore. Anagraficamente i nostri politici sono legati a un modo di pensare ormai superato. Non per niente, il Vice Primo Ministro britannico Nick Clegg, promotore della legge, ha figli e ha preso un periodo di congedo per la nascita del primo.
Il secondo è che, per forza di cose, il modello di welfare a carico della famiglia, che per anni ha caratterizzato l’Italia, non è più sostenibile neanche poi fosse stato mai auspicabile.
La famiglia con la madre a casa che si occupa interamente dei figli non esiste più. C’è bisogno di asili nido, di strutture per l’infanzia che vengano incontro ai bisogni dei nuclei familiari con strutture completamente diverse dal passato. Ad esempio, famiglie che si sono spostate per lavoro nelle quali entrambi i genitori lavorano.
Lo Stato, con un’ottica veramente miope, fa ancora affidamento ai nonni per i nipoti piccoli, come babysitter gratis come alternativa a nidi costosi, e ai genitori per quelli più grandi, per integrare stipendi da precari con pensioni garantite. Considerando l’età alla quale si hanno figli oggi, tra poche generazioni la dinamica della popolazione ci consegnerà un’Italia nella quale i nonni saranno ormai troppo anziani per poter aiutare i figli nella gestione dei nipoti o per l’integrazione dei redditi da lavoro precario con pensioni troppo basse.

Si stanno rimandando problemi che arriveranno inesorabilmente a bussare alle nostre porte.