martedì 27 ottobre 2015

Le apparenti contraddizioni del mondo degli adulti agli occhi di un bambino.

Qualche sera fa, dopo la lettura della buonanotte nel lettone, per mia figlia era arrivata, come di consueto, l'ora di andare a dormire nel suo lettino.
Un po' refrattaria a questo trasferimento di stanza, come se stesse dando voce a un ragionamento che covava dentro alla sua testa chissà da quanto tempo, ci ha sorpresi con una domanda: 
Perché, se devo dormire da sola perché sono grande, voi due che siete grandi dormite insieme?”
Noi ci siamo guardati sforzandoci di non ridere visto che l'acutezza dell'osservazione meritava tutto il nostro rispetto.
Anche perché, apparentemente, il suo ragionamento filava e sembrava una di quelle contraddizioni del mondo degli adulti per regole che valgono solo per i bambini.
In realtà un papà e una mamma possono dormire insieme proprio perché prima hanno imparato a non aver paura di dormire da soli.
Ma a quell'ora qualsiasi spiegazione è insoddisfacente. Non che mia figlia sia mai stata un'amante del lettone ma, si sa, è sempre una grande tentazione potersi addormentare tra mamma e babbo.

C'è chi dice che non si deve mai andare a dormire dopo aver litigato senza un chiarimento. Aggiungo una nuova regola: mai andare a dormire dopo che ci hanno fatto una domanda senza dare risposta o una spiegazione, specialmente ai nostri figli.

mercoledì 21 ottobre 2015

“Le incomprensioni sono così strane, sarebbe meglio evitarle sempre”

Qualche giorno fa sono andato a prendere mia figlia all’asilo. Non la vedevo dalla mattina, lei dalla sera prima perché quando sono uscito stava ancora dormendo.
Mi immagino già il suo sorriso, che quel dentino mancante rende ancora più simpatico.
Quando arrivo, c’è sempre un suo compagno che mi vede prima e la chiama per avvertirla “C’è il tuo babbo…” Così lei mi aspetta davanti alla porta con in mano il suo zainetto e il giacchetto.
Usciamo in allegria, scherziamo camminando e ci dirigiamo verso l’auto parcheggiata a pochi metri.
In quei pochi metri, però, c’è la distrazione, o dovrei dire tentazione, di un alcuni grandi sassi da saltare. Messi lì per evitare che qualcuno parcheggi sul prato. Vuole farlo a tutti i costi, nonostante sia pericoloso. Inutile dirle di no, prima spiegandole il motivo e dopo vietandoglielo perentoriamente.
Così discutiamo, io mi arrabbio, lei si arrabbia e piange. La discussione continua in auto e finisce a casa, in punizione in sala.
Mi chiedo come sia stato possibile mandare in frantumi quella bella atmosfera iniziale. Quella voglia di entrambi di stare insieme dopo una parte importante della giornata ormai passata, io al lavoro e lei all’asilo. Mi dispiace davvero.

Quando accadono queste cose sono proprio contento di poter vivere insieme la quotidianità. Quella quotidianità che ci permette di essere quello che siamo ogni momento. Quella quotidianità che ci consente di comportarci in coerenza con quello che sentiamo, di esprimerci liberamente. Perché, se ci arrabbiamo, possiamo far pace la sera prima di andare a letto. Perché, se ci arrabbiamo, possiamo mandare all’aria quello di bello che avevamo organizzare per quel giorno, tanto lo potremo fare il giorno successivo.
Quello quotidianità che benedico per questo, difendendola con le unghie e con i denti.
Perché, si sa, le incomprensioni sono così strane e sarebbe meglio evitarle sempre ma ce le possiamo anche permettere se sappiamo di avere il tempo per chiarirci dopo.

giovedì 15 ottobre 2015

E’ assurdo farsi organizzare la giornata da bambini di quattro o cinque anni



Succedeva anche l’anno scorso quando andavo a prendere mia figlia all'asilo e, ovviamente, anche quest’anno.

Mi viene incontro insieme a uno o più suoi compagni e lei o gli altri mi mettono a conoscenza dei loro piani per il resto della giornata.
“Adesso lei viene a casa nostra”, “Adesso veniamo a casa tua a giocare”, “Io e D. andiamo al parco.”, “Io vado in auto con C.”
Con la conseguenza di musi lunghi, pianti, bizze e tutto quello che prevede il repertorio bambinesco.
Addirittura, una volta, rispondendo a un’amichetta di mia figlia, che mi informava della loro decisione di andare non so dove, che dovevamo andare a fare la spesa, la bambina, di appena cinque anni, mi rispose sbuffando: “Uffa, ma sempre a fare la spesa.”

Sappi, cara bambina che finché ti siederai a tavola trovando già tutto pronto, e non sarai in grado di cucinare un pasto completo senza rischiare di ustionarti o dare fuoco alla casa, finché chiamerai al bagno, urlando “Ho fatto!!!”, dopo aver fatto la cacca, finché non vorrai spegnere la luce quando ti addormenti perché hai paura del buio, finché qualcuno dovrà asciugarti i capelli dopo la doccia, finché crederai che qualcuno di fatato si interessa veramente a un tuo dentino caduto, e altre decine di “finché” che ti risparmio…  beh, sappi che fino a quel giorno non ti permetterò di organizzare le mie giornate. Anche perché, dopotutto, le mie giornate sono già scandite dal tuo asilo, dalle tue feste di compleanno dei tuoi amichetti, dalle tue attività extra asilo, dalle uscite al parco, eccetera eccetera.
In un nano secondo mi hanno attraversato la mente tutti questi pensieri che si sono tradotti all’esterno solo attraverso un mezzo sorriso, direi più un ghigno, nei confronti della bambina.

Così quando arriviamo a casa cerco di spiegare a mia figlia che c’è la regola che “Non si prendono impegni tra bambini senza che prima ne abbiano parlato le mamme e i papà.
Mi piacerebbe molto che lo facessero anche gli altri genitori.     

sabato 3 ottobre 2015

Le metafore e i bambini


Un paio di mattine fa, mentre stava facendo colazione prima di andare all’asilo, mia figlia si è voltata e d’improvviso mi ha chiesto:
“E’ vero che abbiamo il circo nella pancia?”
Dopo aver controllato che non avesse aggiunto di nascosto alcolici alla spremuta d’arancia, ho pensato di aver capito male la domanda visto che aveva parlato avendo la bocca piena di biscotti. Così le ho chiesto di ripetermi la domanda che è arrivata esattamente uguale a quella di prima. L’unica differenza è che la seconda volta non era accompagnata da sputacchietti di briciole.
“Abbiamo il circo nella pancia?” ho chiesto ancora.
Poi d’improvviso, probabilmente mentre io cercavo di prendere tempo il mio cervello lavorava in modalità pilota automatico per cercare una spiegazione a una domanda tanto assurda, ho capito. E le ho anche risposto, iniziando una conversazione che agli occhi di un esterno avrebbe garantito ad entrambi il ricovero.
“Il circo nella pancia significa che è qualcosa che tu senti dentro. Che fa parte di te, che ti piace. E’ come quando diciamo che le persone sono dentro al nostro cuore, significa che vuoi loro bene.”
Contenta di questa spiegazione, che la convinceva, ha continuato la sua colazione.
Pfff… per questa volta è andata bene. A riprova del fatto che chi ha figli ha il cervello molto ma molto allenato.

Devo ringraziare il simpatico leone Alex, protagonista di “Madagascar 3 - Ricercati in Europa”, che in un suo memorabile discorso motivazionale agli animali del circo usa proprio quella metafora che, tra l’altro, alcuni animali non capiscono e si frugano nei vestiti.

Il mistero che rimane è perché mia figlia quella mattina, prima di andare all’asilo, indossando il suo grembiulino, seduta di fronte a un tazza con il succo d’arancia e dei biscotti, abbia pensato a un film visto diverso tempo prima.