domenica 12 giugno 2016

Strani luoghi le panchine

Una parte della festa finale del ciclo della scuola dell'infanzia si è svolta nel giardino dove mia figlia ha frequentato il nido. Mi è capitato di fermarmi vicino alla panchina dalla quale, quasi cinque anni fa, la guardavo una delle mattine del suo inserimento. Ad essere sinceri, era un po' l'inserimento di entrambi.
Ricordo il bambino addormentato sull'altalena nonostante alcuni compagni gli girassero intorno toccandogli le guance. Ricordo il bambino che mi si avvicinò guardandomi con un enorme ciuccio in bocca. Ricordo che osservavo quei giochi in giardino cercando di individuare eventuali pericoli. Ricordo che lanciavo occhiate severe ai bambini grandi, mia figlia era una dei più piccoli, che sfrecciavano nella macchinine lungo il vialetto.

Pensavo al fatto che le panchine sono luoghi strani. Per gran parte del tempo senza nessuno seduto sopra. 
Un luogo dell'attesa, per chi sta aspettando qualcuno. E rimarrà seduto giusto il tempo dell'arrivo dell'altro.
Un luogo del ricordo e della malinconia, per chi non ha tanto da fare. Per gli anziani seduti per passare il tempo, chiacchierando e ricordando il tempo passato.
Ma anche un luogo per parlare del futuro. Come per i ragazzi seduti sulle panchine a fantasticare ed immaginare come vorrebbero fossero le loro vite.
Davvero strani luoghi le panchine.

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